mercoledì 3 maggio 2017

A Milano, avvocati e tecnici a confronto sui veicoli automatici.


Il 28 e 29 aprile di quest'anno, Milano ha ospitato l'incontro di studio "Autoveicoli a guida assistita ed autonoma: in viaggio verso nuovi orizzonti", organizzato dallo Studio Legale Capponi e patrocinato dal Comune e dall’Ordine degli Avvocati di Milano. L'evento ha riunito un eterogeneo gruppo di esperti che, di fronte a una platea di avvocati, magistrati e ricercatori, si sono confrontati sulla crescente automazione dei veicoli e sulla prossima diffusione di veicoli capaci di fare in parte o in tutto a meno di un conducente.

In lingua inglese, tali veicoli sono ancora variamente denominati come autonomous car, driverless car, self-driving car, robotic car o google car. Il termine più opportuno in lingua italiana, anche in vista di un uso normativo, pare essere quello di "veicoli automatici" o "veicoli a guida automatica". Al contrario, come argomentato dal Prof. Franco Riva, i termini "veicoli autonomi" o "a guida autonoma", che pur si stanno affermando, risultano impropri. E' autonomo il soggetto capace di stabilire le norme che regolano il proprio comportamento. Autonomia è libertà. Almeno all'attuale stato delle tecnologie informatiche, l'intelligenza artificiale non è autonoma, poiché le regole che ne guidano il funzionamento sono programmate da un diverso soggetto, l'uomo.

La Society of Automotive Engineers ha sviluppato una classificazione su sei livelli dei veicoli, a seconda del ruolo e del grado di controllo riservato al guidatore umano. Pare opportuno richiamarla preliminarmente, così da potervi fare riferimento nel prosieguo.
  • Livello 0 - Nessuna automazione: ogni aspetto della guida dinamica è riservato al guidatore umano, pur in presenza di sistemi di allarme e di intervento.
  • Livello 1 - Assistenza alla guida: il veicolo può accelerare, frenare e sterzare autonomamente in determinate situazioni, ma il guidatore deve essere pronto a riprenderne il controllo in qualsiasi momento.
  • Livello 2 - Automazione parziale: accelerazione, frenata e sterzo sono lasciati completamente al veicolo, ma compete in ogni caso al guidatore umano il monitoraggio dell'ambiente circostante; il guidatore deve essere pronto ad intervenire in caso di richiesta del sistema.
  • Livello 3 - Automazione condizionata: il veicolo è in grado di gestire non solo accelerazione, frenata e sterzo, ma anche il monitoraggio dell'ambiente; il guidatore deve essere pronto ad intervenire in caso di richiesta del sistema, a fronte di condizioni estreme.
  • Livello 4 - Alta automazione: come livello precedente, ma il veicolo è in grado di mantenere la guida dinamica anche qualora il guidatore umano non risponda a una richiesta di intervento da parte del sistema.
  • Livello 5 - Completa automazione: Il sistema di guida automatica è in grado di gestire tutte le situazione gestibili da un umano.
Non potendo entrare nel dettaglio di tutti i temi affrontati, cercherò ora di sintetizzare alcuni dei punti emersi nel corso della discussione. Il primo è che la tecnologia di cui parliamo è destinata ad affermarsi nel giro di pochi anni. Infatti, a muoversi verso i veicoli automatici non sono più solo colossi come Google, Uber e Lyft o nuovi players del settore automotive come la Tesla di Elon Musk, ma anche alcune delle maggiori case automobilistiche tradizionali. Diversi di tali soggetti prefigurano la produzione su scala industriale di veicoli di livello 4 e 5 entro il 2020.

In secondo luogo, pare esserci un tendenziale consenso circa il vantaggio sociale conseguente all'introduzione di tali tecnologie. La maggior parte degli incidenti stradali è collegabile a errori o responsabilità umane. Durante l'incontro né è stata citata un'incidenza del 94%, ma in verità vi sono stime discordi a seconda dei criteri utilizzati. Raramente tuttavia esse scendono sotto l'80%. Un'intelligenza artificiale avrebbe direttamente nella propria programmazione il rispetto di tutte quelle regole cautelari (velocità, distanze di sicurezza, ecc) la cui violazione da parte del singolo conducente è spesso la causa di eventi lesivi. Inoltre, un veicolo a guida autonoma può avere capacità percettive maggiori dell'essere umano, nonché una maggiore velocità e precisione nell'elaborare delle previsioni cinematiche.

Sarebbe eccessivamente ottimistico ipotizzare una diminuzione degli incidenti stradali speculare alle percentuali sopra riportate. Anche un'IA può commettere degli errori. Tuttavia, le sperimentazioni fin qui effettuate hanno dato risultati molto positivi. I sinistri che hanno coinvolto fino ad oggi veicoli automatici, infatti, sono risultati conseguenti non alla programmazione del mezzo, ma al comportamento umano (spesso violazioni del codice della strada da parte di altri utenti della stessa). La compresenza di guida umana e guida automatica è, d'altra parte, un elemento problematico non solo nell'interazione tra veicolo e veicolo, ma anche in quella tra il singolo veicolo e il proprio conducente. In particolare, per livelli di automazione inferiori al 4°, la transizione da guida automatica a guida manuale costituisce un momento delicato. Infatti, dopo avere distaccato la propria attenzione dalla guida, il conducente umano ha bisogno di tempo per riprendere pienamente il controllo del veicolo.

Ad oggi, la possibilità di circolare, in Italia, con veicoli automatici dei livelli superiori va esclusa. Come evidenziato dall'Avv. Capponi, l'attuale definizione di veicolo, di cui all'art. 46 del Codice della strada, richiede espressamente la presenza di un guidatore umano. In sua assenza, la vettura, non essendo considerata veicolo per il codice della strada, non può circolare sulla carreggiata. Il requisito della guida umana è stato a suo tempo inserito dal legislatore italiano in esecuzione della Convenzione di Vienna del 1968, la quale prevede, all'art. 8, che ogni veicolo in movimento debba avere un conducente. Per consentire la circolazione di veicoli automatici di livello superiore, si è quindi suggerito di espungere il riferimento alla guida umana dall'art. 46, ma si è evidenziato che ciò potrebbe determinare una violazione della Convenzione. Che fare quindi? Da tecnico legislativo, ritengo che anziché eliminare tout court il riferimento alla guida dell'uomo, si potrebbe affiancarvi quello della guida da parte di un'intelligenza artificiale, richiedendo in alternativa l'una o l'altra. Anche il termine utilizzato dalla Convenzione, ossia "conducente", potrebbe prestarsi a un'interpretazione evolutiva, che consenta di ricomprendervi anche un sistema elettronico di guida. In ogni caso, la problematica sulle omologazioni appare tutt'altro che insuperabile a livello legislativo.

Durante l'incontro, ci siamo poi interrogati su come si potrebbero astrattamente applicare le norme vigenti, al fine di individuare le responsabilità in caso di sinistro. Il caso più semplice è probabilmente quello nel quale l'evento lesivo dipenda dalla guida del conducente umano. In tal caso, dovrebbe trovare applicazione l'art. 2054 c.c., che prevede una responsabilità extracontrattuale aggravata e presunta in capo al conducente. Anche nel caso di incidente provocato da una guida totalmente automatica, si potrebbe forse invocare il comma 4 del citato art. 2054 c.c., che prevede una responsabilità solidale del proprietario del veicolo o l'art. 2051 c.c., che prevede la responsabilità del custode del bene. Una scelta più opportuna parrebbe però quella di invocare la responsabilità del produttore, ai sensi dell'art. 114 del Codice del Consumo, sostenendo che la programmazione del veicolo, laddove idonea a causare un sinistro, renda il veicolo difettoso.

De iure condendo, è possibile ipotizzare almeno due modelli di attribuzione di responsabilità. La prima è quella di prevedere una responsabilità oggettiva del proprietario, con un connesso obbligo di assicurazione obbligatoria RC auto. La seconda è quella di incardinare la responsabilità in capo al produttore.  L'opzione preferibile secondo il Prof. Antonio Albanese è la seconda, in quanto consente un'efficace ed equa distribuzione dei costi connessi ai rischi della nuova tecnologia. Infatti, i produttori saranno costretti ad assicurarsi e i relativi costi si scaricheranno sul prezzo finale del veicolo. I costruttori, ossia i soggetti con maggior potere nel determinare la sicurezza del veicolo, saranno così incentivati ad incrementarla quanto più possibile. La tesi pare condivisibile. D'altra parte, risulterebbe sensato far permanere una responsabilità del proprietario del veicolo, nel caso in cui l'evento lesivo dipendesse da una significativa negligenza di quest'ultimo nel mantenere aggiornati i software. Si porrebbe però, in tal caso, l'esigenza di mantenere una copertura assicurativa anche in capo ai proprietari.

Fra i temi trattati vi è stato anche quello della privacy e della proprietà sui dati generati dal veicolo. Si tratta di una questione di primaria rilevanza in quanto il funzionamento e il potenziamento di tali tecnologie dipende anche dall'elaborazione da un ingente mole di dati. Anche al di là del profilo del diritto alla riservatezza, si pone una più ampia questione circa la proprietà dei dati generati dai veicoli durante la circolazione. Si tratta di una questione invero non limitata al campo della mobilità, ma anzi estesa a tutti gli ambiti di applicazione di tecnologie smart, a cominciare dalla domotica. A chi devono appartenere tali dati: al proprietario del dispositivo, al suo utilizzatore, o al suo costruttore? Mi riservo invece di approfondire in altra sede i riflessi sul diritto penale della nuova tecnologia, che si inseriscono pienamente nel dibattito sulla società del rischio.

Da ultimo, è necessario considerare che la diffusione dei veicoli automatici porta con sé conseguenze ben più profonde rispetto a tutti gli sviluppi dell'automotive succedutisi negli ultimi decenni. Tali veicoli, per funzionare ottimamente, devono infatti inserirsi in un ITS, ossia un sistema intelligente, cooperativo e interconnesso, in cui i singoli veicoli comunicano tra loro e con le diverse infrastrutture, in modo da aggiornarsi in tempo reale su ogni dato rilevante per la circolazione, dalle condizioni climatiche alla presenza di ostacoli in carreggiata, dalle aree di parcheggio disponibili alle restrizioni al traffico. Si tratta di un ulteriore aspetto che contribuirà, nei prossimi anni, a passare da un modello incentrato sulla proprietà, nel quale l'automobile è un bene, a un modello incentrato sull'uso condiviso, nel quale l'automobile è un servizio. Non è un caso che alcuni dei più promettenti progetti di veicoli automatici riguardino proprio la costituzione di flotte destinate al car sharing.

In conclusione, desidero ringraziare i relatori e gli organizzatori di questo incontro, che ha consentito di avviare un dibattito giuridico e politico ormai improcrastinabile. Se non saremo in grado di proseguire e trarre delle conclusioni da questo dibattito ci ritroveremo, fra pochissimi anni, con un assetto normativo inadeguato agli sviluppi raggiunti dall'industria e acquisiti nel mercato internazionale.

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