lunedì 30 novembre 2015

Fiancheggiatori dell'(anti)partito della reazione.

Da troppo tempo ormai, nella cerchia di molti miei contatti che si identificano come progressisti o di sinistra, si moltiplicano le citazioni o le condivisioni di personaggi portatori di idee quantomeno ambigue. Non intendo farne il nome, per evitare che l'attacco colpisca le persone, dato che ciò che mi preoccupa sono soprattutto le idee. Se però vi riconoscete nella descrizione iniziale, vi prego, prima di condividere post genericamente "antisistema" di riflettere se per caso presentino le caratteristiche sotto esposte.

Prima di tutto, i loro nemici non sono generalmente il capitale e l'impresa, ma il solo capitale finanziario internazionale e le multinazionali. Essi non difendono "il popolo" come classe, ma "i popoli" come identità etniche, nazionali e religiose. La loro è una battaglia eminentemente spirituale, contro il consumismo e il liberalismo. L'aspetto sociale è meramente sussidiario e funzionale al primo. Si considerano rivoluzionari, e indubbiamente lo sono.

Ma la loro rivoluzione non è la vostra rivoluzione. Non è fascismo, almeno non quello classico delle croci celtiche, faticosamente perpetuatosi a oggi sulla base di ritualità stanche. Quello è un cadavere imbalsamato. Questo invece è energico e vitale, con un identità ancora incerta e contraddittoria, come lo fu un secolo fa l'autonominato "antipartito" di Piazza San Seplocro.

Prima di diffondere e moltiplicare i loro messaggi, non leggete solo i bersagli designati, ma anche le parole d'ordine proferite.

Se volete unire i vostri stendardi ai loro, in una comune lotta alla modernità globalizzata, fate pure. Ma almeno siate coscienti del fatto che, in tal modo, gli state consegnando l'egemonia culturale e simbolica. Vi coopteranno e vi useranno per i loro fini reazionari. E se per caso la loro lotta vincerà, vi distruggerranno, come sempre hanno fatto i loro predecessori, e di voi non resterà nulla.

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